“Sua nonna? Sta bene, anzi è morta ieri”: scambi di persona e malasanità, un’assurda storia di Coronavirus a Lecce
“Ho registrato tutto, e andrò fino in fondo. Questa storia
incredibile la deve conoscere il mondo. Mia nonna non l’ha ammazzata il
Covid-19, ma la malasanità”. Valentina Treglia, 29 anni, barista di Melpignano
(Lecce), nel dolce Salento, ricompone uno a uno, lucidamente, tutti i tasselli.
E racconta, con una ricostruzione cronologica schematica, i passaggi che hanno
portato alla morte di Paola Germana Casasola, 81 anni, nella Puglia del 2020.
Valentina, sua nonna era ricoverata da tempo?
“Da due anni, nella Rsa La Fontanella di Soleto, Lecce. Stava bene, solo un po’
di demenza; allettata perché impossibilitata a camminare. Prendeva giusto mezza
pastiglia per la pressione, al bisogno. Dopo il 6 marzo mia madre non ha più
potuto vederla: hanno vietato le visite per tutelare gli anziani dopo
l’esplodere del coronavirus al Nord”.
Comprensibile. Poi?
“Il 20 marzo apprendiamo dai giornali che una paziente ospitata dalla stessa
Rsa era morta all’ospedale Vito Fazzi di Lecce, risultando positiva al
Covid-19. Iniziamo ad andare in apprensione e a chiamare più volte La
Fontanella, di proprietà di un prete, Don Vittorio, e diretta da Federica
Cantore, ma non risponde nessuno. Avevo anche il cellulare della direttrice.
Volevamo capire se avessero fatto o pianificato tamponi agli altri ospiti,
visto ciò che era accaduto. Il 23 mi chiama un medico dell’Asl di Lecce”.
Che cosa le dice?
“Ci ha comunicato l’esito positivo del tampone fatto su mia nonna, che quindi
era stata contagiata. Continuiamo con insistenza a chiamare in struttura a
Soleto e dopo migliaia di tentativi mi risponde un’infermiera, che conferma la
positività di nonna, ma dice aveva al momento una febbre di 37.3-37.4 e che
comunque dieci giorni prima era arrivata a 38. Senza che ci abbiano mai
avvisato. Dissero che l’avevano messa in una stanza con un’altra signora con
gli stessi sintomi per separare positivi e negativi. Sapendo che non avremmo
più potuto entrare là dentro, supplichiamo la direttrice di farci fare una
videochiamata con lei. Per poterla vedere”.
Vi è stata concessa?
“Sì, venerdì sera con il cellulare di un’infermiera facciamo la videochiamata e
notiamo che nonna non sta bene. D’accordo la lieve demenza, ma era una che
rideva, scherzava, cantava. Sempre reattiva. Notiamo anche che l’infermiera
piangeva. In un primo momento abbiamo pensato: si sarà commossa per la
telefonata dei parenti alla nonnina malata di Covid. Ma sapendo quel che è
successo dopo, mi viene il sospetto che lì dentro sapessero già che gli anziani
sarebbero stati abbandonati”.
In che senso abbandonati?
“Se la sono data a gambe levate tutti: medici, infermieri, amministrazione,
dirigenti, operatori della mensa…. È stato riportato anche da testate locali.
Hanno lasciato 83 persone, la maggior parte allettate, chiuse là dentro per
almeno due giorni nelle mani di una sola infermiera allo stremo delle sue forze
che evidentemente ha accettato o scelto di rimanere, e poi la Rsa è stata
commissariata e sono entrati, pare, due medici della Asl”.
Voi che cosa avete fatto?
“Nei giorni successivi abbiamo continuato a chiamare invano la struttura, e
anche la direttrice non ci rispondeva più. Ho chiamato Protezione civile, Croce
rossa, ho scritto una Pec al Presidente Conte e recuperato il numero del
presidente della Regione Puglia Emiliano. Ho chiamato il numero nazionale 1500
per il Covid arrivando a una chiamata di terzo livello con il Ministero della
Salute denunciando che in questa struttura abbandonata c’era mia nonna positiva
e altre persone,chiedendo per loro il trasferimento in un ospedale. La stessa
cosa l’ho detta telefonicamente anche alla segreteria del ministro Speranza”.
Il sindaco di Soleto, Graziano Vantaggiato, si è
attivato?
“L’ho chiamato, ci ha informato del commissariamento della struttura e mi ha
dato anche il numero del medico Asl responsabile subentrato al personale
precedente. A fatica pian piano riesco a parlare con qualcuno che ci assicura
che la situazione dentro era preoccupante, ma visti i parametri vitali nessuno
dei ricoverati era in condizioni drammatiche. Che i pasti venivano dati e che
le persone bevevano ogni tre ore. Finalmente il 28 sera ci chiama il medico Asl
responsabile della Rsa”.
Che cosa vi ha detto?
“Ci comunica i tre parametri vitali di nonna: saturazione, battito cardiaco e
temperatura. Uno stato di salute eccellente, stava benissimo e tiriamo un
sospiro di sollievo. Che confermiamo anche la mattina dopo, domenica alle 8.30,
con una nuova telefonata che rassicura sui parametri e il resto. Nel pomeriggio
i miei vanno comunque di persona all’esterno della struttura per vedere se
riescono a parlare con il medico. Lo trovano e lui li rassicura dicendo che
nonna era risultata negativa al tampone, ma trasferita precauzionalmente
all’ospedale di Lecce”.
Ma non era già risultata positiva?
“Sì, il 23. Ma il 29 ci dicono che era negativa e stava bene. Grazie a un
vigile urbano che conosceva uno degli altri nuovi operatori Asl operanti a La
Fontanella, riusciamo ad avere conferma che nonna effettivamente non è più là
dentro (ha fatto un giro all’interno chiamando le persone ad alta voce) e la
immaginiamo davvero in ospedale sotto le migliori cure”.
Non era così, invece?
“Appena i miei tornano a casa, richiama il medico responsabile col quale
avevano parlato poco prima e comunica loro che aveva fatto un madornale errore
di persona. Che l’anziana negativa trasportata in ospedale non era nonna Paola,
e che lei stava invece ancora in struttura. Facciamo notare che sembra
impossibile, visto che avevamo appena fatto la controprova da un operatore. Il
dottore resta basito, dice che la cosa è grave, che si informa e richiamerà”.
Ha richiamato?
“Sì, dopo mezz’ora. Dicendo che nonna era ricoverata al reparto DEA
(Dipartimento Emergenza e Accettazione, ndr) di Lecce dalla sera prima, cioè il
28, per problemi respiratori. Quindi questa persona ci ha comunicato i parametri
positivi di mia nonna sia la sera del 28 che domenica mattina 29, ma già dalla
sera del 28 era ricoverata a Lecce”.
A questo punto lei chiama il DEA.
“Sì, e mi dicono che mi stavano cercando dalla sera prima non so su quale
numero – comunque ho tutte le conversazioni registrate – perché mia nonna era
arrivata non in condizioni critiche, ma drammatiche, desàtura di ossigeno, in
ipotermia, disidratata e denutrita, e che stavano facendo di tutto per
salvarla. Mi hanno detto: ‘Preparatevi al peggio’, aggiungendo: ‘Ma questo lo
sapevate già’. Eh no, veramente non sapevamo niente. È la prima informazione
dopo una settimana. ‘Probabilmente non passerà la notte’, hanno precisato.
Infatti all’1.30 del giorno 30 hanno chiamato per dire che nonna se n’era
andata per acuta insufficienza renale, visto che era arrivata in condizioni di
disidratazione grave, non urinava più, con anche un’insufficienza polmonare, e
che comunque a Lecce era arrivata in coma, con i tessuti del corpo violacei. Ed
era positiva al Covid-19. Di nuovo positiva”.
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